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Come fu possibile, in appena 25 anni di magistero, in un'epoca in che non
c'era la stampa, in che le biblioteche erano poche e piccole, e i viaggi
si facevano a piedi, un'attività intellettuale così prodigiosa?
I testimoni della sua epoca, che noi abbiamo raccolto principalmente dalla
biografia di Guglielmo di Tocco, suo discepolo, ci danno un'idea di come
lui studiava e lavorava; possiamo da qui comprendere da dove emanava la
fonte prodigiosa della sua attività, e avere una prima comprensione
più perfetta di quello a che lui si riferiva quando parlava
della vita contemplativa.
Dice il biografo, contemporaneo di Tommaso, Guglielmo di Tocco, che
"niente di che Tommaso poté leggere,
con l'illuminazione divina,
poté lasciare di spiegare.
In che si fa visibile
che Dio l'aveva scelto
per l'investigazione della verità,
poiché l'aveva illuminato più
di tutti gli altri,
poiché mai aveva messo col peccato
ostacoli davanti a Dio a causa dei quali,
attraverso l'orazione,
non potesse cercare la verità.
Da dove Dio,
mentre lui viveva,
mostrò a tutti un evidente miracolo,
cioè, come in così poco tempo,
nei suoi 25 anni di magistero,
due volte andando e venendo dall'Italia e Parigi,
poté scrivere tanti libri,
discutere così profondamente tante questioni
ed insegnare tante cose nuove" (45).
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"Questo dottore si diede, a questo fine,
totalmente alle cose dell'alto,
e fu contemplativo
di un modo interamente ammirevole.
Totalmente dato alle cose celesti,
nella maggior parte del tempo era assente dai
sensi,
di tal modo che più si supponeva che
lui fosse
dove il suo spirito contemplava
che dove restava la sua carne"(46).
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"Inoltre, durante il tempo della notte,
dedicato dagli uomini al riposo,
Tommaso, dopo un breve sonno,
restava in sua stanza o in chiesa
immerso in preghiera,
per che pregando meritasse apprendere
ciò che dopo la preghiera dovrebbe
scrivere o dettare" (47).
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"Tutte le volte in che voleva
studiare, disputare, leggere, scrivere, dettare,
prima si dedicava al segreto della preghiera,
per che trovasse le cose di Dio
nel segreto della verità;
per il merito della sua preghiera,
così como si approssimava
con le questioni sulle quali aveva dubbi,
allo stesso modo usciva di essa insegnato"
(48).
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Fu così
"che scrisse un libro,
intitolato Summa contra Gentiles,
profondo per la sottilezza e pela novità
delle ragioni,
in che mostrò in modo ammirevole
ciò che già possedeva dal suo
ingegno
e ciò che otteneva dalla preghiera
e dal ratto della mente in Dio.
Di fatto, frequentemente fu visto
totalmente alieno ai sensi,
attento come sempre alle rivelazioni divine"
(49).
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"Indizio certo della sua ammirevole memoria
era non soltanto l'abito della scienza,
che lui possedeva nell'anima
tale come se la possedesse nel libro;
ma anche quell'opera ammirevole
che per ordine del Papa Urbano, di felice memoria,
compose su i quattro Vangeli,
nelle quale citava a memoria
la maggior parte delle opere dei santi
che lui aveva avuto davanti agli occhi
nei volumi che aveva letto in diversi monasteri,
tutte le quali riteneva nella sua memoria"
(50).
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"Come potete comporre tanti libri
in così breve tempo,
Dio lo mostrò ammirevolmente
per altri indizi.
Questo dottore, di fatto, certe volte dettava
argomenti diversi a tre
e a volte fino a quattro scrittori
simultaneamente in sua stanza,
in modo che sembrava che Dio gli infondesse
nella sua mente
diverse verità simultaneamente,
il che non potrebbe fare allo stesso tempo
senza un miracolo manifesto" (51).
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"Tanta era l'astrazione della mente di Tommaso,
che a volte non percepiva di star
essendo lesionato nel suo corpo.
Certa volta i medici credettero bene
cauterizzare la sua tibia;
al che Tommaso disse al compagno che era con
lui:
`Quando loro verranno col fuoco,
fammi il favori di avisarmi'.
Stando allora nel posto
in che dovrebbe realizzarsi la cauterizzazione,
si innalzò a una così grande
astrazione
che nemmeno percepì il fuoco
che bruciava la sua gamba;
di fatto, nemmeno mosse la gamba
dal posto in cui si trovava" (52).
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"Un'altra volta, stando Tommaso in sua stanza
a dettare un libro sulla trinità,
prese una candela con la sua mano
e disse a chi scriveva:
`Sia che sia ciò che vedrai in me,
cerca di non chiamarmi'.
Allora, astratto nella contemplazione,
un'ora dopo la candela si era consumata
e il fuoco arrivò alle sue dita,
toccandoli prolungatamente
senza che il Dottore li sentisse;
al contrario, continuò sostenendo il
proprio fuoco
senza nemmeno un movimento delle dita,
fino che esso si spense da se stesso"
(53).
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