I.4.

Note Biografiche su San Tommaso d'Aquino. 

 

La nascita di Tommaso d'Aquino è avvenuta, sicuramente, tra gli anni 1225 e 1227, a Rocasecca, città prossima a Napoli, in Italia, Era Tommaso figlio del Conte Landolfo di Aquino e della Contessa Teodora, che vivevano nel castello di Rocasecca, parenti della nobiltà tedesca e delle case regnanti della Spagna e della  Francia (22).

La data precisa della nascita di San Tommaso, però, è stata oggetto di lunghi dibattiti tra gli studiosi (23). La posizione più comunemente accetta, secondo João Ameal, é quella definita da P. Mandonnet in uno studio pubblicato nella Revue Thomiste nel 1914, secondo il quale Tommaso sarebbe nato nel 1225, in qualche data anteriore al giorno 7 marzo (24).

Il suo discepolo e principale biografo, Guglielmo di Tocco, ci racconta una curiosa storia sulla sua nascita, ascoltata dalla figlia della sorella di San Tommaso:

"Mentre sua madre, la signora Teodora,
illustre tanto per i costumi
come per la fama dei suoi genitori,
era nel castello di Rocasecca
situato nei limiti della Campania,
fu visitata dal frate Buono,
migliore per la vita e la religione,
il quale faceva la vita di eremita con vari altri
in una montagna prossima e era ritenuto
come santo dagli uomini di quella regione,
dicendogli:
`Rallegrati, signora,
perché sei incinta,
e porterai alla luce un figlio,
al quale chiamerai Tommaso.
Tu ed il tuo marito penserete in far di esso
un monaco nel monastero di Monte Cassino,
 nel quale riposa il corpo di San Benedetto,
con la speranza di che,
promosso all'elevato posto (di abate),
possa arrivare ai gran redditi di questo monastero.
Ma Dio disporrà in altro modo verso di lui,
perché sarà frate dell'Ordine dei Predicatori
e già in vita sarà così famoso per la scienza
e per la santità
che nel suo tempo in tutto il mondo
non si potrà trovare un'altro uguale'" (25). 

Di fatto, con l'età di cinque anni, San Tommaso fu affidato alla custodia dei benedettini di Monte Cassino, che già nell'epoca avevano come educatori una fama universale. Il suo zio Sinibaldo era, inoltre, l'abate del monastero (26). La sua permanenza in Monte Cassino durò circa nove anni, fino a quando, avendo Tommaso circa 14 anni, l'abbazia fu occupata dalle truppe di Federico II. Il suo zio Sinibaldo l'ha restituito al castello della famiglia, per in seguito essere inviato all'Università di Napoli (27).

"Cosa si sà della vita di Tommaso in Monte Cassino?",

domanda João Ameal.

"Poco, ma ciò che basta per, dal primo momento,
poter definire il suo profilo morale.
Involto nell'abito nero dei benedettini,
aiuta alla Messa,
piglia parte nelle processioni e cerimonie della Chiesa,
impara a leggere il Latino
ed a cantare i Salmi negli uffici sacri,
dinanzi all'immenso antifonario del monastero
le cui pagine foglia,
una ad una.
Ai dieci anni, Tommaso,
che già legge e scrive correttamente,
studia i primi elementi di Latino,
di Aritmetica e di Grammatica.
Ai tredici, conosce grande parte del Salterio,
dei Vangeli, delle Epistole di San Paolo.
L'abate Sinibaldo, suo zio e precettore,
l'indirizza anche alle  opere prime della patristica:
gli scritti morali di San Gregorio Magno,
le lettere di San Girolamo,
i frammenti più accessibili di Sant'Agostino.
Precocemente, però,
si mostra pensieroso e taciturno.
Si direbbe che già pesano nel suo spirito,
aperto molto presto ai più larghi orizzonti,
alle interrogazioni decisivi della metafisica.
Ore seguite,
rimane in una contemplazione misteriosa.
Certo giorno, ad un frate
che gli domanda quale il motivo del suo alienamento,
risponde, con un sguardo che si perde
in distanze remote:
- "Cosa è Dio?",
episodio in che Guglielmo di Tocco
vede un nitido presagio" (28). 

Fu il proprio abate Sinibaldo che,

"notando nel giovane indizi così certi e maturi
della futura perfezione
e i primi semi
della futura mietitura delle Scritture",

dice il biografo Guglielmo di Tocco,

"consigliò Landolfo ad inviarlo
a Napoli per studiare" (29). 

Seguendo l'orientazione pedagogica di allora, continua João Ameal (30), Tommaso d'Aquino si consacra allo studio delle così dette Arti  Liberali, divise in due gruppi: quelle che costituiscono il Trivium, cioè, la grammatica, la retorica e la dialettica; e quelle che costituiscono il Quadrivium, cioè, l'aritmetica, la geometria, l'astronomia e la musica.

Il suo maestro nel Trivium fu Pietro Martinus; il suo maestro nel Quadrivium fu Pietro d'Irlanda, celebre per qualche commenti ad alcune opere di Aristotele che cominciavano ad essere riscoperte dall'occidente cristiano. 

"L'influsso esercitato da questo professore
nello spirito di Tommaso fu profondo,
principalmente perché",

dice João Ameal,

"fu lui chi attrasse per la prima volta
l'attenzione di Tommaso per il nome e l'opera di Aristotele.
Questo semplice fatto segnala un posto a Pietro d'Irlanda 
nella storia del pensiero umano:
essere stato, probabilmente, lo strumento
dell'incontro iniziale
tra San Tommaso d'Aquino ed Aristotele" (31). 
 
"I progressi del ragazzo a Napoli",

prosegue João Ameal, 

"sono rapidi e sensibili.
Afferma Guglielmo di Tocco,
d'accordo con  le dichiarazioni dei suoi contemporanei,
che nella lezioni il suo genio cominciò a brillare in tale maniera
e la sua intelligenza a rivelarsi così perspicace
che ripeteva ai altri studenti
le lezioni dei maestri di maniera più elevata,
più chiara e più profonda
di quanto le avesse ascoltate" (32). 

Fu durante la sua permanenza nell'Università di Napoli, mentre studiava il Trivium ed il Quadrivium, che Tommaso conobbe i preti domenicani, sacerdoti appartenenti a un'ordine recentemente fondata nella Chiesa da San Domenico, la cui regola obbligava i suoi membri di  modo particolare alla preghiera, allo studio e all'insegnamento. Trattando della  vita del beato Giordano di Sassonia, uno dei primi domenicani, il suo biografo contemporaneo, Gerardo di Frachet, dice che in una occasione un'uomo del popolo si è avvicinato di Frate Giordano e gli domandò quale fosse la regola che lui professava, al che maestro Giordano gli rispose:

"La regola dei frati predicatori è questa:
vivere onestamente, studiare ed insegnare;
le stesse cose che chiese Davide al Signore
quando disse:
`Insegnami, Signore,
la bontà, la scienza e la disciplina'"(33). 

Un'ordine così organizzata, e che viveva ancora nel fervore dei suoi primi anni di fondazione, perché era stata fondata appena venti anni prima, dovrebbe certamente esercitare notabile attrazione su un giovane con le qualità di Tommaso d'Aquino. Così come lui, i domenicani erano anche nuovi a Napoli; il suo convento era stato fondato nove anni prima dell'arrivo di Tommaso, e passò a ricevere le frequenti visite del studente.

Probabilmente dopo i sette anni di studio che si esigevano dai cicli del Trivium e del Quadrivium (34), Tommaso  fu ammesso circa dei suoi 20 anni di età nell'Ordine dei Domenicani. Per motivi di sicurezza, giacché la sua famiglia ancora alimentava il desiderio di vederlo abate di Monte Cassino, Frate Giovanni Teutonico, maestro generale dell'Ordine Domenicana, inviò Tommaso a Parigi e subito in seguito a Colonia, nell'Impero Germanico, dove, 

"sotto l'orientazione di  frate Alberto
(Sant'Alberto Magno),
maestro di Teologia della stessa ordine,
fiorì uno Studium Generale" (35). 

Li Sant'Alberto Magno intraprendeva un lavoro di interpretazione e assimilazione di tutta l'opera di Aristotele.

"La nostra intenzione",
- scrisse egli nell'inizio del suo
Commento alla Fisica di Aristotele -,
"è far comprensibile ai latini
tutte le parte dell'opera di Aristotele" (36). 

"L'incontro di Tommaso d'Aquino con Alberto Magno rappresenta un fatto di straordinaria trascendenza nella storia del pensiero", continua João Ameal.

"Si può dire che i dui
furono collaboratori necessari
all'edificazione del più vasto e consistente
sistema filosofico di tutte le epoche.
Sant'Alberto ricevette con giustizia
il titolo di Dottore Universale,
per la sua smisurata piramide di conoscenza;
porgendo dinanzi al suo discepolo
una varietà opulentissima di temi.
Se la visione di Tommaso non fosse stata 
così d'inizio stimolata dal maestro
e allargata nelle più diverse direzioni,
forse il monumento tomista non sarebbe arrivato
alla maestà sovrana alla quale si è innalzato" (37). 

Di quest'epoca è nuovamente la testimonianza di Guglielmo di Tocco:

"Frate Alberto,  maestro in Teologia,
era ritenuto anche como singolare in tutte le scienze.
Essendo lì arrivato il giovane Tommaso,
ascoltandolo insegnare cose ammirevole e profonde
in tutte le scienze,
molto si rallegrò per avere trovato
quello che cercava
e da dove potesse bere avidamente
quello di che aveva sete.
Cominciò in modo ammirevole a parlare poco
ed a restare in silenzio;
si fece assiduo dello studio e devoto nella preghiera,
raccogliendo interiormente nella memoria
ciò che posteriormente spargerebbe
nei suoi insegnamenti.
Come si nascondesse, però,
sotto il velo di un'ammirevole semplicità,
i suoi fratelli cominciarono a chiamarlo di `bue muto'.
Sconoscendo, così, l'opinione umana
la perfezione del suo profitto,
maestro Alberto diede inizio alle sue lezioni
sul Libro dei Nomi Divini
del Beato Dionigi,
alle quali il giovane passò a fare
un'ancora maggiore attenzione.
Certo studente, sconoscendo quanta fosse 
la virtù dell'intelligenza che in lui si nascondeva,
si è offerto, mosso da compassione,
a ripetergli le lezioni,
a che Tommaso, umilissimo,
accettò con gratitudine.
Dopo, però,
avendo il giovane incominciato una ripetizione,
non riuscendo a finirla,
frate Tommaso,
come che accettando un permesso divino per parlare,
ha ripetuto tutta la lezione con distinzione,
complementandola ancora con molte cose
che il maestro non aveva insegnato.
Pesandogli nella coscienza occultare
ciò che aveva ascoltato,
il suo compagno segnalò a maestro Alberto
aver scoperto nel giovane Tommaso
un'inaspettato tesoro di sapienza.
Incaricò allora il maestro a Tommaso di rispondere,
nel giorno seguente davanti a tutti,
ad una questione molto difficile,
il quale, se per l'umiltà non lo volesse fare,
lo fece, però, per ubbidienza.
Nel giorno seguente, dopo aversi dato alla preghiera
e umilmente raccomandato a Dio,
anteponendo alla questione del maestro una certa distinzione,
Tommaso la poté rispondere a contento.
Non soddisfatto, maestro Alberto aggiunse
altri quattro argomenti,
così difficili di rispondersi,
che pensò che con questo
avesse messo una conclusione alla questione.
Frate Tommaso, però,
riuscì a rispondere ad esse
così brillantemente
che portò maestro Alberto a dire:
`Noi chiamiamo a questo giovane di bue muto,
ma lui ancora farà un così grande muggito nella dottrina
che suonerà in tutto il mondo'.
Tommaso, però,
che aveva fondamentato 
il suo cuore nell'umiltà,
non se ne è invanidito per il testimonio
di un così grande maestro, 
né per l'onorevole atto scolare.
Non cambiò il suo abituale
esempio di semplicità,
osservando sempre
lo stesso modo di vita
con che aveva cominciato,
nonostante il maestro avesse passato ad affidargli
tutti gli atti scolari più difficili
perché lo vedeva molto più avanti
che gli altri suoi compagni" (38). 

Fu a Colonia che Tommaso d'Aquino cominciò ad insegnare sotto la  direzione di Sant'Alberto, e fu ancora in questa città che è stato ordinato sacerdote dall'arcivescovo di Colonia Corrado di Hochstaden. Probabilmente fu anche a Colonia che scrisse il De Ente et Essentia e che principiò a commentare i Libri delle Sentenze di Pietro Lombardo (39).

Nel 1252. ai 27 anni, Tommaso d'Aquino fu trasferito a Parigi, per insegnare nella sua famosa Università, li rimanendo fino al 1259, quando già dovrebbe avere circa 34 anni. Fu in questa suo primo soggiorno a Parigi che scrisse il Commento ai Libri delle Sentenze di Pietro Lombardo e le Quaestiones Disputate de Veritate (40).

Dai 34 ai 44 anni San Tommaso d'Aquino insegnò in vari centri di studi d'Italia.  Durante tre anni fu professore in una scuola dio Teologia annessa alla Curia Romana e teologo consultore del Papa (41). Di questa epoca datano i principali commenti ai libri di Aristotele, copiosamente citati nel presente lavoro, come il Commento alla Fisica, il Commento alla Metafisica e specialmente il Commento all'Etica. datano di quest'epoca anche l'impressionante Summa contra Gentiles, che rappresentò per S. Tommaso d'Aquino come che una preparazione per che potesse scrivere poi la monumentale Summa Theologiae. È anche di quest'epoca che procede la concezione ed il pianeggiamento della Summa Theologiae, così come la redazione della prima delle tre parti in che si divide quest'opera (42).

Dai 44 ai 47 anni Tommaso d'Aquino tornò ad insegnare nell'Università di Parigi. In questo periodo scrisse altri commenti ad Aristotele, come il Commento al Libro dell'Interpretazione, il Commento ai Secondi Analitici, il Commento al De Anima ed il Commento alla Politica, questo incompiuto e finito dal suo discepolo Pietro di Alvernia. Della Summa Theologiae scrisse anche la seconda delle sue tre parti (43).

Nella Pascoa del 1247, con 47 anni compiuti, San Tommaso ritornò in Italia, dove insegnò nell'Università di Napoli durante due anni. 

Durante questi due anni scrisse il Commento al libro De Causis e la terza parte della Summa Theologiae, della quale completò le questioni riguardanti a Cristo e la maggior parte delle riguardanti ai Sacramenti; si preparava a scrivere forse quella che sarebbe stata la parte più sublime della Summa Theologiae, in che descriverebbe il Paradiso, quando, durante la Messa che celebrava nel mattino del 6 dicembre 1273, ricevette una rivelazione che lo proibiva di continuare a scrivere e gli annunciava il suo breve transito alla vita eterna, cosa che venne a succedere nel 7 marzo dell'anno seguente, nell'età di 49 anni (44). 

Abbiamo menzionato qui la cronologia di alcuni dei libri di San Tommaso d'Aquino che saranno più citati in questo lavoro; ma, oltre a questi, San Tommaso d'Aquino scrisse un'infinità di altri lavori. Commentò, oltre ai libri già citati di Aristotele, altri libri dello stesso filosofo, quasi tutti i libri delle Sacre Scritture, il Libro dei Nomi Divini di Dionigi l'Areopagita e varie opere di Boezio; scrisse innumerevoli lavori specificamente filosofici, dei quali il De Ente et Essentia è un'esempio; varie opere di Teologia, oltre alle due Summae e dei Commenti  ai Libri delle Sentenze; almeno tre libri di Politica, oltre al proprio Commento alla Politica di Aristotele; diverse Quaestiones Disputatae, delle quali le principali sono le De Veritate, le De Potentia, le De Anima, le De Malo, e varie minori, ed anche le Quaestiones Quodlibetales.

 


Riferimenti

(22) Manser, G.M.: La Esencia del Tomismo; Madrid, Consejo Superior de Investigaciones Cientificas Instituto "Luiz Vives" de Filosofia, 1953; pg. 14. 
(23) Ameal, João: São Tomás de Aquino; Porto, Livraria Tavares Martins, 1956; pg. 10. 
(24) Mandonnet, P.: in Revue Thomiste, XXII, 1914, pgs. 652- 664, secondo nota di João Ameal alla pg. 10 dell'opera citata nella nota 23. 
(25) Guillelmus de Tocco:"Vita S.Thomae Aquinatis", C.1.
(26) Manser, G.M.: o.c.; pgs. 14-5. 
(27) Nascimento, Carlos A. R.: Santo Tomás de Aquino, o Boi mudo da Sicília; São Paulo, EDUC, 1992; pg. 12.
(28) Ameal, João: o.c., pgs. 13-4. 
(29) Guillelmus de Tocco: Vita Sancti Thomae Aquinatis, C.5. 
(30) Ameal, João: o.c.; pg. 17. (31) Ibidem, loc. cit.. (32) Ibidem, pg. 18. 
(33) Frachet, Gerardo: Vida de los Frailes Predicadores; in Santo Domingo de Guzman, su vida, su orden, sus escritos; Madrid, BAC, 1947; pg. 622. 
(34) Manser, G.M.: o.c.; pg. 16. 
(35) Guillelmus de Tocco: Vita Sancti Thomae Aquinatis, C. 12. 
(36) Ameal, João: o.c., pg 5l. (37) Ibidem, pg. 53. 
(38) Guillelmus de Tocco: Vita Sancti Thomae Aquinatis, C.12. 
(39) Ameal, João: o.c., pg. 57, pg. 63; Manser, G. M.: o.c., q. 17. Per quanto riguarda al De Ente et Essentia,  la sua data si può trovare in quasi tutte le tavole cronologiche delle opere di S. Tommaso.
(40) Manser, G.M.: o.c. pg. 19. (41) Ameal, João: o.c., pg. 85. (42) Manser, G.M., o.c., pg. 20. 
(43) Ibidem, pg. 22; Pirotta, P. F. Angelus M.: Editoris Praefatio; in Sancti Thomae Aquinatis in Aristotelis Librum De Anima Commentarium; Turim, Marietti, 1948; pg. VII. Spiazzi, P.F. Raymundus: Introductio Editoris; in Sancti Thomae Aquinatis Doctoris Angelici in Libros Politicorum Expositio; Turim, Marietti, 1951; pg. XXVI. 
(44) Ameal, João: o.c., pg 144.