I.7.

Conclusione. 

Di queste ultime note biografiche su Tommaso d'Aquino risulta un'altra immagine, più reale e più profonda, sul senso che S. Tommaso attribuiva ai passi che già abbiamo citato del suo Commento all'Etica, nelle quale lui si espressa sull'eccellenza della contemplazione. Quelle, per esempio, in che, quando commentava Aristotele, S. Tommaso afferma che

"la perfetta felicità dell'uomo
consiste nella contemplazione della verità".

Di fatto, che portata Tommaso non vedeva in queste parole, se quando ancora giovane di 12 o 13 anni, prima di avere letto Aristotele per la prima volta, già aveva domandato ai suoi professori a Monte Cassino

"Chi è Dio?", 

e il semplice modo come fece questa domanda fu sufficiente per che quel momento restasse registrato per sempre nella Storia?

Che comprensione non avrà avuto questo giovane quando posteriormente, a Napoli o a Colonia, seppe per la prima volta che Aristotele aveva affermato che

"la felicità dell'uomo è
massimamente trovata
nell'operazione della sapienza"?

E che forza non acquistano nel contesto della sua vita quelle altre sue sentenze del commento ad Aristotele:

"La vita speculativa
si paragona alla vita morale
così come la divina si paragona alla umana"; 

ed anche: 

"Questa vita si trova perfettissimamente
nelle sostanze separate;
negli uomini, però,
imperfettamente e come che partecipativamente;
e, nonostante, questo poco
è maggiore che tutte le altre cose
che ci sono nell'uomo".

Lungo questo lavoro cercheremo di portare alla luce le implicazioni profonde di quanto abbiamo esposto brevemente in questa introduzione.


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