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La nostra intenzione in questo lavoro sarà esaminare i principi
basici dell'educazione secondo la filosofia perenne. Per filosofia perenne
intendiamo quella filosofia che, nonostante trascenda le circostanze storiche
in che si è disinvolta, ha como i suoi ripresentante più
conosciuti Platone, Aristotele, Santo Agostino e San Tommaso d'Aquino,
anche se ad essa appartengono, di fatto, la maggioranza dei filosofi greci,
patristici e medievali, oltre ad una moltitudine di altri pensatori posteriori
ed anche contemporanei.
Dovuto, però, alla vastità dell'argomento, per mantenere
la nostra dissertazione dentro dei limiti del ragionevole, faremo qualche
restrizioni che, speriamo, siano più di metodo che di contenuto,
senza pregiudicare la portata di questo lavoro.
Vedremo, di fatto, lungo la nostra dissertazione, che quello che nella
filosofia perenne si denomina contemplazione occupa un posto centrale nell'educazione
che di essa deriva; limiteremmo, pertanto, in primo posto, la nostra dissertazione
al ruolo della contemplazione nell'educazione secondo la filosofia perenne.
Faremo, però, gravitare attorno alla contemplazione un gran numero
di altri aspetti educazionali, i quali, inoltre, saranno anche necessari
per schiarire cosa si pretende dire quando si parla di contemplazione.
Restringeremo, in più, il nostro studio ai scritti filosofici di
appena uno dei ripresentante della filosofia perenne. È possibile
che sia il più profondo di tutti. Cosa è certo, però,
è che, per trattarsi di un autore posteriore nel tempo
alla filosofia greca, alla filosofia patristica ed a buona parte della
filosofia medievale, incorpora nei suoi scritti multo di ciò che
è più significativo nel pensiero di quanti lo precedettero.
Parliamo di San Tommaso d'Aquino, nei cui scritti filosofici ci fonderemo,
ma attorno al quale, quando necessario, faremo gravitare i testi dei altri
autori antichi e moderni, tanti quanti si facciano necessari per una comprensione
più completa di quanto si trova nei suoi scritti.
Per questioni metodologici, pertanto, si può dire che questo lavoro
tratta dei rapporti che esistono tra la contemplazione e l'educazione nei
scritti filosofici di San Tommaso d'Aquino; nonostante, quello che si desidera
con ciò è arrivare ai propri principi dell'educazione secondo
un modo di pensare che trascende spazio, tempo ed anche autori.
Impostato così il nostro obiettivo e il nostro metodo, la prima
cosa che dobbiamo dire è che, a prima vista, nonostante tutto
quanto abbiamo detto, sembra che abbiamo scelto un cattivo principio, perché
San Tommaso d'Aquino non scrisse nessun'opera tematicamente dedicata alla
filosofia dell'educazione. Se vogliamo essere più esatti, in verità
ne ha scritto appena una, così minuscola che può essere resumita
nelle poche righe di un unico paragrafo; sono le Quaestiones Disputatae
de Magistro, nelle quali Tommaso d'Aquino sostiene che nell'insegnamento
il professore non può, dovuto ad una necessità ontologica,
essere la causa principale della conoscenza. Questa causa è l'attività
dell'alluno; il ruolo del maestro non è quello di infondere la scienza,
mas quello di ausiliare il discepolo.
"Così come si dice che il medico
causa la sanità nel malato,
attraverso le operazione della natura,
così anche si dice che il maestro",
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dice Tommaso d'Aquino,
"causa la scienza nel discepolo attraverso
l'operazione della ragione naturale del discepolo,
e questo è insegnare" (1).
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Se il maestro tenta seguire una condotta diversa, dice ancora Tommaso,
il risultato sarà che lui
"non produrrà nel discepolo la scienza,
ma appena la fede"(2).
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Ecco tutto quanto, dunque, in un primo e rapido esame, S. Tommaso d'Aquino
sembra averci da dire sulla filosofia dell'educazione; la sua filosofia
dell'educazione é questo o poco più di questo. Apparentemente,
una vera delusione.
E, nonostante, che inganno, e che tremendo inganno, questo in che incorrerebbero
quelli che così la pensassero. Di fatto, come dice Anísio
Teixeira in Filosofia e Educação,
"i rapporti tra filosofia ed educazione
sono così intrinseci che John Dewey
poté affermare
che le filosofie sono, in essenza,
teorie generali dell'educazione.
È chiaro che si riferiva alla filosofia
come filosofia di vita" (3).
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Dice anche Lauand nella sua introduzione al libro sulla filosofia dell'educazione
di Josef Pieper che
"La filosofia dell'educazione è sempre
qualcosa derivata e relativa,
decorrendo dall'antropologia filosofica.
Si può radunare e presentare
la filosofia dell'Università (e dell'educazione)
in articolazione con (qualunque) quadro maggiore
dell'antropologia filosofica"(4).
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Però, secondo il testimoni di molti filosofi, tutta la filosofia,
e, di conseguenza, tutta la filosofia dell'educazione, si articola attorno
alla questione del fine. Sono, in questo senso, eloquenti le parole con
che San Tommaso d 'Aquino inizia la Summa contra Gentiles, in che
lui afferma che tutta l'articolazione della sapienza, o della filosofia,
si dà attorno al fine di tutte le cose:
"Tra quello che gli uomini attribuiscono al
saggio,
Aristotele riconosce
che è proprio dell'uomo saggio ordinare.
Ora, la regola dell'ordine e del governo
di tutte le cose che devono essere governate
ed ordinate al fine
deve essere presa da questo proprio fine.
Di fatto, qualunque cosa è disposta
ottimamente
quando è convenientemente ordinata al
suo fine.
Per questo il nome di saggio semplicemente
si riserva appena a quello
la cui considerazione versa sul fine
di tutte le cose" (5).
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Si fa così manifesto come, secondo San Tommaso, la conoscenza del
fine è il punto di partenza della sapienza, della filosofia in generale
e, di un modo speciale, delle filosofie particolari, come la filosofia
dell'educazione.
Questo fatto, come abbiamo detto, è riconosciuto non appena da San
Tommaso, ma anche da un gran numero di altri autori di tutte le provenienze
e epoche. Possiamo citare, como esempio, un'altro educatore brasiliano,
Fernando de Azevedo, che in un testo storico, l'Introduzione al Manifesto
dei Pionieri dell'Educazione Nuova, scrisse che
"con il documento del Manifesto dei Pionieri
dell'Educazione Nuova il problema dell'educazione,
il più grande ed il più difficile
problema proposto all'uomo,
fu trasportato dall'atmosfera dell'empirismo
didattico
ai domini delle cogitazioni scientifiche e
filosofiche
dai cui dipendono i sistemi di organizzazione
scolare.
Le divergenze che suscitò
e non avrebbe potuto lasciarlo di farlo
il Manifesto
provengono dai differenti punti di vista
dai quali può essere apprezzato
il problema fondamentale dei fini dell'educazione.
Nella fissazione di questo ideale è
che sorgono le divergenze,
che variano in funzione di una concezione di
vita e,
pertanto, di una filosofia" (6).
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Ciò che è speciale, però, in San Tommaso d 'Aquino
quando lui si occupa di questa stessa questione dei fini è che in
lui non si tratta più di una questione appena metodologica. La conoscenza
del fine in pedagogia non sarà necessaria perché soltanto
in questo modo potremmo apprezzare di maniera chiara i presupposti di ogni
filosofia dell'educazione. Nel caso di San Tommaso d'Aquino il problema
dei fini, anche in educazione, è un problema anche ontologico, perché
in lui, come nella tradizione della filosofia perenne, il mondo in che
l'uomo si inserisce possiede un'ordinazione intrinseca indipendente della
soggettività dell'uomo, e ordinazione, secondo Tommaso, significa
ordinazione ad un fine.
La stessa Summa contra Gentiles afferma questo in vari dei suoi
passi:
"Chiunque consideri con attenzione,
troverà che la diversità della
cose
si completa gradatamente,
da dove Dionigi dice nel Libro dei Nomi Divini
che la sapienza unì i fini dei primi
ai principi dei secondi,
lasciando manifesto che la diversità
delle cose
esige che loro non siano tutti uguali,
ma che ci sia ordine e gradi in esse" (7).
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"Appartiene, pertanto, alla perfezione dell'universo
che non appena ci siano molti individui,
ma che ci siano diverse specie di cose,
e per conseguenza diversi gradi nelle medesimi.
Di dove si dice:
`Vide Dio tutte le opere sue,
e che erano grandemente buone',
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nonostante delle cose singolari
avesse detto (appena) che fossero buone.
Perché, di fatto, le cose singolari
sono buone nella sua natura;
tutte insieme, però, sono grandemente
buone
per causa dell'ordine dell'universo,
che è la perfezione ultima e più
nobile
che c'è nelle cose"(8).
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Ciò che questi due testi della Summa contra Gentiles vogliono
dire è che, diversamente di altri filosofi dell'educazione in che
il problema dei fini può essere una questione metodologica, in San
Tommaso d'Aquino la questione è anche cosmologica. In questo senso,
San Tommaso si situa nel prolungamento della filosofia greca che si è
iniziata quando i primi presocratici, como Talete, Anassimandro, Eraclito,
Parmenide, Anassagora, si sono dedicati alla contemplazione della natura
e, ammirando l'universo, lo chiamarono di Cosmo, una parola greca che deriva
dal verbo greco ordinare (9).
Occorre però che in San Tommaso la questione dei fini è anche
più profonda che un problema cosmologico. Di fatto, quando nella
Summa Theologiae lui dimostra l'esistenza di Dio attraverso le cinque vie,
nella quarta via, partendo dei "gradi che esistono nelle cose" (10),
si arriva alla conclusione che
"esiste qualcosa che è per le cose
causa dell'essere e di qualsiasi perfezione,
alla quale chiamano Dio"
(11).
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Pertanto, l'ordine che S. Tommaso descrive como esistendo nell'universo
esige necessariamente l'esistenza di Dio, che è, a suo turno, la
causa finale di quest'ordine e, pertanto, il problema dell'ordine e del
fine non è più appena un problema cosmologico, ma metafisico.
Ora, nel nostro caso questo significa che, se nell'antropologia filosofica
di San Tommaso d'Aquino il problema del fine non è appena metodologico,
ma anche cosmologico e metafisico, in realtà non è appena
l'antropologia filosofica che è coinvolta nella filosofia dell'educazione,
ma tutta la sua filosofia. Ed è proprio questo che fa tutta la filosofia
dell'educazione implicita nell'assieme dell'opera di San Tommaso d'Aquino
qualcosa di una profondità eccezionale. Il punto chiave per capire
questa affermazione consiste nel capire che il fine a che S. Tommaso d'Aquino
si riferisce non è appena nella mente dell'educatore, ma nella realtà
della cose.
È in questo senso che debbono essere capite le parole di Josef Pieper,
che così profondamente si inspira in S. Tommaso:
"L'uomo è un essere tale che la sua
realizzazione,
la sua suprema felicità,
si trova nella contemplazione.
Questa sentenza è di un straordinario
rilievo
per l'antropologia filosofica e per l'educazione.
Essa espressa tutta una concezione cosmica,
specialmente una concezione che cerca le radici
della natura umana" (12).
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Ora, come si può vedere nel Commento al Decimo Libro dell'Etica
a Nicomaco di Aristotele, anche S. Tommaso d'Aquino, seguendo qui ad Aristotele,
afferma che il fine dell'uomo è la contemplazione:
"La perfetta felicità consiste
nella contemplazione della verità"
(13).
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"La felicità è massimamente trovata
nell'operazione della sapienza" (14).
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"La felicità massimamente consiste
nell'operazione della contemplazione" (15).
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"La perfetta felicità dell'uomo consiste
nella contemplazione dell'intelletto"
(16).
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"La vita speculativa si paragona alla vita
morale
così come la divina alla umana"
(17).
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"Questa vita si trova perfettissimamente
nelle sostanze separate;
nei uomini, però, imperfetta
e come che partecipativamente.
E, nonostante, questo poco è maggiore
di che tutte le altre cose che ci sono nell'uomo"
(18).
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Come vedremo, le conseguenze contenute in affermazioni come queste situeranno
l'uomo in una perspettiva di orizzonti ampissimi; da essa sorgerà
una prima conseguenza pratica per l'educazione:
"Se l'uomo, per natura,
tende alla contemplazione,
l'Università, (l'educazione),
deve realizzare in modo istituzionale
questa tendenza fondamentale della natura umana"
(19).
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Come, però, può l'uomo raggiungere tale obiettivo?
Il Commento all'Etica a Nicomaco, che nel suo libro X, conforme
abbiamo visto, afferma che il fine dell'uomo e la sua felicità consistono
nella contemplazione, è in realtà un profondo studio dei
mezzi per i quali l'uomo si eleva alla stessa. Tutta quest'opera può
essere vista come un testo di filosofia dell'educazione nello stesso senso
e più ancora di quello secondo il quale la Repubblica di Platone
è stata così considerata.
Condurre l'uomo alla contemplazione è, quindi, la finalità
ultima di tutto lo sforzo educazionale, secondo i testi filosofici di San
Tommaso d'Aquino. Però c'è ancora un'altro angolo dello stesso
problema: questo sforzo educazionale non si può limitare appena
al lavoro dell'educatore. Nei suoi testi di filosofia, commentando ad Aristotele,
San Tommaso d'Aquino pone colloca la felicità dell'uomo, a tanto
quanto può arrivare la ragione umana senza l'aiuto dei dati della
rivelazione, come stando nella contemplazione. Ma nel Commento alla
Politica lui spiega come la società perfetta non è quella
che appena tutela la libertà dei cittadini, ma quella che garante
effettivamente tutte le possibilità per le quali essi possono arrivare
ad essere felici. Non è soltanto per vivere, ma per vivere felici,
che gli uomini stabilirono fra loro la società, giacché la
sua finalità è la felicità nella vita. Dunque,
"quando si desidera investigare
quale sia la miglior forma di governo,
si deve cominciare esponendo
quale sia il genere di vita
che si deve preferire a tutti gli altri" (20).
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Abbiamo, quindi, una concezione di educazione che, mediante il tema della
contemplazione, presuppone anche tutta un'ordinazione politica. Ciò
che è notabile in questo rapporto tra i fini dell'educazione e l'ordinazione
politica è che, secondo essa, nel sistema perfetto di governo, è
la società politica che deve ordinarsi al fine ultimo dell'uomo,
che sono i stessi fini dell'educazione, e no l'educazione che deve ordinarsi
al fine della società politica.
Non è questo in flagrante contrasto con quello che la società
contemporanea pratica? Vediamo, per accorgersene, quello che Cláudio
Abramo, matematico e filosofo, scrisse nella Folha de São Paulo
nella metà del 1991, in un articolo sull'educazione:
"Non è la mancanza di educazione
che causa lo sottosviluppo.
È lo sottosviluppo
che è l'origine dell'assenza dell'educazione
adeguata.
Le società soltanto investono risorsi
nell'educazione
quando hanno qualche idea dei motivi
per i quali debbono far questo.
Il fondamentale per la formulazione
delle politiche educazionali
è l'esistenza di una politica industriale
di lunga portata,
che specifiche le mete di produzione
in certi aree chiave.
Da ciò dicorre la necessità di
formare annualmente
migliaia di ingegneri, di chimici industriali,
ecc.,
con determinate abilità.
Da qui deriveranno l'esigenze
ai egressi delle scuole secondarie
e così in avanti, in cascata,
fino al primo anno del primo grado" (21).
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Quale è il cosmo, -se è che esiste-, in che va contenuta
questa concezione di educazione? La gravità delle questione collocate
da San Tommaso d'Aquino si fa manifesta quando si percepisce fino a che
punto la manipolazione dell'essere umano può sembrare legittima
a tutta una società quando essa si propone a tralasciare questi
questioni alla dimenticanza.
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