L'EDUCAZIONE SECONDO
LA FILOSOFIA PERENNE

Capitolo I

Introduzione Generale




I.1.

Presentazione e giustificativa. 

La nostra intenzione in questo lavoro sarà esaminare i principi basici dell'educazione secondo la filosofia perenne. Per filosofia perenne intendiamo quella filosofia che, nonostante trascenda le circostanze storiche in che si è disinvolta, ha como i suoi ripresentante più conosciuti Platone, Aristotele, Santo Agostino e San Tommaso d'Aquino, anche se ad essa appartengono, di fatto, la maggioranza dei filosofi greci, patristici e medievali, oltre ad una moltitudine di altri pensatori posteriori ed anche contemporanei. 

Dovuto, però, alla vastità dell'argomento, per mantenere la nostra dissertazione dentro dei limiti del ragionevole, faremo qualche restrizioni che, speriamo, siano più di metodo che di contenuto, senza pregiudicare la portata di questo lavoro.

Vedremo, di fatto, lungo la nostra dissertazione, che quello che nella filosofia perenne si denomina contemplazione occupa un posto centrale nell'educazione che di essa deriva; limiteremmo, pertanto, in primo posto, la nostra dissertazione al ruolo della contemplazione nell'educazione secondo la filosofia perenne. Faremo, però, gravitare attorno alla contemplazione un gran numero  di altri aspetti educazionali, i quali, inoltre, saranno anche necessari per schiarire cosa si pretende dire quando si parla di contemplazione.

Restringeremo, in più, il nostro studio ai scritti filosofici di appena uno dei ripresentante della filosofia perenne. È possibile che sia il più  profondo di tutti. Cosa è certo, però, è che, per trattarsi di un autore posteriore  nel tempo  alla filosofia greca, alla filosofia patristica ed a buona parte della filosofia medievale, incorpora nei suoi scritti multo di ciò che è più significativo nel pensiero di quanti lo precedettero. Parliamo di San Tommaso d'Aquino, nei cui scritti filosofici ci fonderemo, ma attorno al quale, quando necessario, faremo gravitare i testi dei altri autori antichi e moderni, tanti quanti si facciano necessari per una comprensione più completa di quanto si trova nei suoi scritti.

Per questioni metodologici, pertanto, si può dire che questo lavoro tratta dei rapporti che esistono tra la contemplazione e l'educazione nei scritti filosofici di San Tommaso d'Aquino; nonostante, quello che si desidera con ciò è arrivare ai propri principi dell'educazione secondo un modo di pensare che trascende spazio, tempo ed anche autori.

Impostato così il nostro obiettivo e il nostro metodo, la prima cosa che dobbiamo dire è che,  a prima vista, nonostante tutto quanto abbiamo detto, sembra che abbiamo scelto un cattivo principio, perché San Tommaso d'Aquino non scrisse nessun'opera tematicamente dedicata alla filosofia dell'educazione. Se vogliamo essere più esatti, in verità ne ha scritto appena una, così minuscola che può essere resumita nelle poche righe di un unico paragrafo; sono le Quaestiones Disputatae de Magistro,  nelle quali Tommaso d'Aquino sostiene che nell'insegnamento il professore non può, dovuto ad una necessità ontologica, essere la causa principale della conoscenza. Questa causa è l'attività dell'alluno; il ruolo del maestro non è quello di infondere la scienza, mas quello di ausiliare il discepolo. 

"Così come si dice che il medico 
causa la sanità nel malato,
attraverso le operazione della natura,
così anche si dice che il maestro", 

dice Tommaso d'Aquino,

"causa la scienza nel discepolo attraverso
l'operazione della ragione naturale del discepolo,
e questo è insegnare" (1). 

Se il maestro tenta seguire una condotta diversa, dice ancora Tommaso, il risultato sarà che lui

"non produrrà nel discepolo la scienza,
ma appena la fede"(2). 

Ecco tutto quanto, dunque, in un primo e rapido esame, S. Tommaso d'Aquino sembra averci da dire sulla filosofia dell'educazione; la sua filosofia dell'educazione é questo o poco più di questo. Apparentemente, una vera delusione.

E, nonostante, che inganno, e che tremendo inganno, questo in che incorrerebbero quelli che così la pensassero. Di fatto, come dice Anísio Teixeira in Filosofia e Educação, 

"i rapporti tra filosofia ed educazione
sono così intrinseci che John Dewey poté affermare
che le filosofie sono, in essenza,
teorie generali dell'educazione.
È chiaro che si riferiva alla filosofia
come filosofia di vita" (3). 

Dice anche Lauand nella sua introduzione al libro sulla filosofia dell'educazione di Josef Pieper che

"La filosofia dell'educazione è sempre
qualcosa derivata e relativa,
decorrendo dall'antropologia filosofica.
Si può radunare e presentare
la filosofia dell'Università (e dell'educazione)
in articolazione con (qualunque) quadro maggiore
dell'antropologia filosofica"(4). 

Però, secondo il testimoni di molti filosofi, tutta la filosofia, e, di conseguenza, tutta la filosofia dell'educazione, si articola attorno alla questione del fine. Sono, in questo senso, eloquenti le parole con che San Tommaso d 'Aquino inizia la Summa contra Gentiles, in che lui afferma che tutta l'articolazione della sapienza, o della filosofia, si dà attorno al fine di tutte le cose:

"Tra quello che gli uomini attribuiscono al saggio,
Aristotele riconosce
che è proprio dell'uomo saggio ordinare.
Ora, la regola dell'ordine e del governo
di tutte le cose che devono essere governate
ed ordinate al fine
deve essere presa da questo proprio fine.
Di fatto, qualunque cosa è disposta ottimamente
quando è convenientemente ordinata al suo fine.
Per questo il nome di saggio semplicemente
si riserva appena a quello
la cui considerazione versa sul fine
di tutte le cose" (5). 

Si fa così manifesto come, secondo San Tommaso, la conoscenza del fine è il punto di partenza della sapienza, della filosofia in generale e, di un modo speciale, delle filosofie particolari, come la filosofia dell'educazione.

Questo fatto, come abbiamo detto, è riconosciuto non appena da San Tommaso, ma anche da un gran numero di altri autori di tutte le provenienze e epoche. Possiamo citare, como esempio, un'altro educatore brasiliano, Fernando de Azevedo, che in un testo storico, l'Introduzione al Manifesto dei Pionieri dell'Educazione Nuova, scrisse che 

"con il documento del Manifesto dei Pionieri
dell'Educazione Nuova il problema dell'educazione,
il più grande ed il più difficile problema proposto all'uomo,
fu trasportato dall'atmosfera dell'empirismo didattico
ai domini delle cogitazioni scientifiche e filosofiche
dai cui dipendono i sistemi di organizzazione scolare.
Le divergenze che suscitò
e non avrebbe potuto lasciarlo  di farlo il Manifesto
provengono dai differenti punti di vista
dai quali può essere apprezzato
il problema fondamentale dei fini dell'educazione.
Nella fissazione di questo ideale è che sorgono le divergenze,
che variano in funzione di una concezione di vita e,
pertanto, di  una filosofia" (6). 

Ciò che è speciale, però, in San Tommaso d 'Aquino quando lui si occupa di questa stessa questione dei fini è che in lui non si tratta più di una questione appena metodologica. La conoscenza del fine in pedagogia non sarà necessaria perché soltanto in questo modo potremmo apprezzare di maniera chiara i presupposti di ogni filosofia dell'educazione. Nel caso di San Tommaso d'Aquino il problema dei fini, anche in educazione, è un problema anche ontologico, perché in lui, come nella tradizione della filosofia perenne, il mondo in che l'uomo si inserisce possiede un'ordinazione intrinseca indipendente della soggettività dell'uomo, e ordinazione, secondo Tommaso, significa ordinazione ad un fine.

La stessa Summa contra Gentiles afferma questo in vari dei suoi passi: 

"Chiunque consideri con attenzione,
troverà che la diversità della cose
si completa gradatamente, 
da dove Dionigi dice nel Libro dei Nomi Divini
che la sapienza unì i fini dei primi
ai principi dei secondi,
lasciando manifesto che la diversità delle cose
esige che loro non siano tutti uguali,
ma che ci sia ordine e gradi in esse" (7). 
 
"Appartiene, pertanto, alla perfezione dell'universo
che non appena ci siano molti individui,
ma che ci siano diverse specie di cose,
e per conseguenza diversi gradi nelle medesimi.
Di dove si dice:
 `Vide Dio tutte le opere sue,
e che erano grandemente buone', 
 
Gen. 1,31 
 
nonostante delle cose singolari
avesse detto (appena) che fossero buone.
Perché, di fatto, le cose singolari
sono buone nella sua natura;
tutte insieme, però, sono grandemente buone
per causa dell'ordine dell'universo,
che è la perfezione ultima e più nobile
che c'è nelle cose"(8). 

Ciò che questi due testi della Summa contra Gentiles vogliono dire è che, diversamente di altri filosofi dell'educazione in che il problema dei fini può essere una questione metodologica, in San Tommaso d'Aquino la questione è anche cosmologica. In questo senso, San Tommaso si situa nel prolungamento della filosofia greca che si è iniziata quando i primi presocratici, como Talete, Anassimandro, Eraclito, Parmenide, Anassagora, si sono dedicati alla contemplazione della natura e, ammirando l'universo, lo chiamarono di Cosmo, una parola greca che deriva dal verbo greco ordinare (9).

Occorre però che in San Tommaso la questione dei fini è anche più profonda che un problema cosmologico. Di fatto, quando nella Summa Theologiae lui dimostra l'esistenza di Dio attraverso le cinque vie, nella quarta via, partendo dei "gradi che esistono nelle cose" (10), si arriva alla conclusione che

"esiste qualcosa che è per le cose
causa dell'essere e di qualsiasi perfezione,
alla quale chiamano Dio" (11). 

Pertanto, l'ordine che S. Tommaso descrive como esistendo nell'universo esige necessariamente l'esistenza di Dio, che è, a suo turno, la causa finale di quest'ordine e, pertanto, il problema dell'ordine e del fine non è più appena un problema cosmologico, ma metafisico. Ora, nel nostro caso questo significa che, se nell'antropologia filosofica di San Tommaso d'Aquino il problema del fine non è appena metodologico, ma anche cosmologico e metafisico, in realtà non è appena l'antropologia filosofica che è coinvolta nella filosofia dell'educazione, ma tutta la sua filosofia. Ed è proprio questo che fa tutta la filosofia dell'educazione implicita nell'assieme dell'opera di San Tommaso d'Aquino qualcosa di una profondità eccezionale. Il punto chiave per capire questa affermazione consiste nel capire che il fine a che S. Tommaso d'Aquino si riferisce non è appena nella mente dell'educatore, ma nella realtà della cose. 

È in questo senso che debbono essere capite le parole di Josef Pieper, che così  profondamente si inspira in S. Tommaso:

"L'uomo è un essere tale che la sua realizzazione,
la sua suprema felicità,
si trova nella contemplazione.
Questa sentenza è di un straordinario rilievo
per l'antropologia filosofica e per  l'educazione.
Essa espressa tutta una concezione cosmica,
specialmente una concezione che cerca le radici
della natura umana" (12). 

Ora, come si può vedere nel Commento al Decimo Libro dell'Etica a Nicomaco di Aristotele, anche S. Tommaso d'Aquino, seguendo qui ad Aristotele, afferma che il fine dell'uomo è la contemplazione:

"La perfetta felicità consiste
nella contemplazione della verità" (13). 
 
"La felicità è massimamente trovata
nell'operazione della sapienza" (14). 
 
"La felicità massimamente consiste
nell'operazione della contemplazione" (15). 
 
"La perfetta felicità dell'uomo consiste 
nella contemplazione dell'intelletto" (16). 
 
"La vita speculativa si paragona alla vita morale
così come la divina alla umana" (17). 
 
"Questa vita si trova perfettissimamente
nelle sostanze separate;
nei uomini, però, imperfetta
e come che partecipativamente.
E, nonostante, questo poco è maggiore
di che tutte le altre cose che ci sono nell'uomo" (18). 

Come vedremo, le conseguenze contenute in affermazioni come queste situeranno l'uomo in una perspettiva di orizzonti ampissimi; da essa sorgerà una prima conseguenza pratica per l'educazione:

 
"Se l'uomo, per natura,
tende alla contemplazione,
l'Università, (l'educazione),
deve realizzare in modo istituzionale
questa tendenza fondamentale della natura umana" (19). 

Come, però, può l'uomo  raggiungere tale obiettivo? Il Commento all'Etica a Nicomaco, che nel suo libro X,  conforme abbiamo visto, afferma che il fine dell'uomo e la sua felicità consistono nella contemplazione, è in realtà un profondo studio dei mezzi per i quali l'uomo si eleva alla stessa. Tutta quest'opera può essere vista come un testo di filosofia dell'educazione nello stesso senso e più ancora di quello secondo il quale la Repubblica di Platone è stata così considerata.

Condurre l'uomo alla contemplazione è, quindi, la finalità ultima di tutto lo sforzo educazionale, secondo i testi filosofici di San Tommaso d'Aquino. Però c'è ancora un'altro angolo dello stesso problema: questo sforzo educazionale non si può limitare appena al lavoro dell'educatore. Nei suoi testi di filosofia, commentando ad Aristotele, San Tommaso d'Aquino pone colloca la felicità dell'uomo, a tanto quanto può arrivare la ragione umana senza l'aiuto dei dati della rivelazione, come stando nella contemplazione. Ma nel Commento alla Politica lui spiega come la società perfetta non è quella che appena tutela la libertà dei cittadini, ma quella che garante effettivamente tutte le possibilità per le quali essi possono arrivare ad essere felici. Non è soltanto per vivere, ma per vivere felici, che gli uomini stabilirono fra loro la società, giacché la sua finalità è la felicità nella vita. Dunque, 

"quando si desidera investigare
quale sia la miglior forma di governo,
si deve cominciare esponendo
quale sia il genere di vita
che si deve preferire a tutti gli altri" (20). 

Abbiamo, quindi, una concezione di educazione che, mediante il tema della contemplazione, presuppone anche tutta un'ordinazione politica. Ciò che è notabile in questo rapporto tra i fini dell'educazione e l'ordinazione politica è che, secondo essa, nel sistema perfetto di governo, è la società politica che deve ordinarsi al fine ultimo dell'uomo, che sono i stessi fini dell'educazione, e no l'educazione che deve ordinarsi al fine della società politica. 

Non è questo in flagrante contrasto con quello che la società contemporanea pratica? Vediamo, per accorgersene, quello che Cláudio Abramo, matematico e filosofo, scrisse nella Folha de São Paulo nella metà del 1991, in un articolo sull'educazione:

"Non è la mancanza di educazione
che causa lo sottosviluppo.
È lo sottosviluppo
che è l'origine dell'assenza dell'educazione adeguata.
Le società soltanto investono risorsi nell'educazione
quando hanno qualche idea dei motivi
per i quali debbono far questo.
Il fondamentale per la formulazione
delle politiche educazionali
è l'esistenza di una politica industriale
di lunga portata,
che specifiche le mete di produzione
in certi aree chiave.
Da ciò dicorre la necessità di formare annualmente
migliaia di ingegneri, di chimici industriali, ecc.,
con determinate abilità.
Da qui deriveranno l'esigenze
ai egressi delle scuole secondarie
e così in avanti, in cascata,
fino al primo anno del primo grado" (21). 

Quale è il cosmo, -se è che esiste-, in che va contenuta questa concezione di educazione? La gravità delle questione collocate da San Tommaso d'Aquino si fa manifesta quando si percepisce fino a che punto la manipolazione dell'essere umano può sembrare legittima a tutta una società quando essa si propone a tralasciare questi questioni alla dimenticanza. 

 


Riferimenti

(1) Quaestiones Disputatae De Veritate: Q.11 a.1. Ibidem, C.30. 
(2) Idem, loc. cit.. 
(3) Teixeira, Anísio: "Filosofia e Educação"; in Educação e o mundo moderno; São Paulo, Companhia Editora Nacional, 1977; pg. 9. 
(4) Lauand, Luiz Jean: O que é a Universidade; São Paulo, EDUSP-Perspectiva; 1987; pgs. 23-4.
(5) Summa contra Gentiles, I, 1. 
(6) Azevedo, Fernando: "Introdução ao Manifesto de 1932"; in A Educação entre Dois Mundos; São Paulo, Melhoramentos; pg. 50. 
(7) Summa contra Gentiles, III, 97. (8) Idem, II, 45. 
(9) Vlastos, Gregory: O Universo de Platão; Brasília; Editora Universidade de Brasília; 1987; pgs. 11-12. 
(10) Summa Theologiae, I, q.2 a.3. (11) Idem, loc. cit.. 
(12) Pieper, Josef: in "O que é Filosofia" e "Felicidade e Contemplação"; citato in Lauand, L. J.: "O que é Universidade", pg 69. 
(13) In Libros Ethicorum Expositio, L. X, l. 10, 2092. (14) Idem, L. X, l. 10, 2096. (15) Idem, L. X, l. 10, 2097. (16) Idem, L. X, l. 11, 2104. (17) Idem, L. X, l. 11, 2106. (18) Idem, L. X, l. 11, 2110. 
(19) Lauand, L. J.: "O que é Universidade", pg. 77. 
(20) "Qui vult facere inquisitionem certam et convenientem de republica optima simpliciter necesse habet prius considerationem facere quae vita sit eligibilissima simpliciter". Cfr. In Libros Politicorum Expositio, L. VII, l. 1, 1047. San Tommaso commentò i tre primi libri; posteriormente uno dei suoi alunni, basandosi sulle opere di S. Tommaso, finì la redazione di tutto il Commento. Dopo questo il Commento si è pubblicato come un solo assieme, con un'indicazione del luogo in che finisce il testo di San Tommaso e comincia il testo secondo S. Tommaso.
(21) Abramo, Claudio Weber: "Ilusões Rumo ao Abismo", in Folha de São Paulo, 5 luglio 1991.